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Il futuro è domotico

27 febbraio 2013
L’attenzione del mercato nei confronti dei sistemi di automazione degli edifici è in continua crescita, come confermano anche gli studi promossi dal settore immobiliare
Un’indagine pubblicata a dicembre 2011 da immobiliare.it, un sito specializzato nella compravendita immobiliare, rimarca come sia sempre maggiore l’interesse nei confronti della domotica.

In particolare, secondo i dati forniti dall’indagine, il 59% dei nuovi immobili possiede almeno un elemento di automazione. Soluzioni che, si legge nel documento diffuso dal sito, “semplificano la vita di chi abita, al contempo permettono un risparmio economico e garantiscono un maggior rispetto dell’ambiente circostante. Il tutto a fronte di una spesa che oscilla tra i 10mila e i 50mila euro, ma che implica un risparmio in bolletta che può arrivare anche al 20%”.

L’attenzione degli agenti immobiliari, ovviamente, riflette la crescente sensibilità che i sistemi riscuotono tra la popolazione, al punto che, sempre sulla scorta dei dati forniti, “il 22% di chi cerca casa ritiene molto importanti o indispensabili gli elementi di domotica”. Una percentuale che, nelle grandi città, raggiunge addirittura il 33%.

Gli stessi costruttori edili, malgrado le difficoltà economiche del momento, hanno compreso questa nuova tendenza e, per tale ragione, sono sempre più propensi a realizzare immobili che siano, quantomeno, automation ready, ovvero caratterizzati dalle predisposizioni necessarie per installare, anche in momenti successivi, un impianto domotico o, comunque, una serie di automazioni. Una simile crescita del mercato, in particolare, sta premiando le aziende italiane, anche in considerazione del fatto che, nel nostro paese, rimane elevata l’attenzione al design e alle caratteristiche estetiche dei comandi installati all’interno delle abitazioni.

 

Cos’è la domotica?

Per gli addetti ai lavori la definizione e le implicazioni di un impianto domotico sono note. Non altrettanto possiamo dire per gli utenti finali, anche in considerazione del fatto che le funzionalità messe a disposizione dell’utilizzatore possono essere molteplici. In particolare, sempre stando alle rilevazioni pubblicate da immobiliare.it “esistono strumenti domotici di base, come i sistemi di apertura e chiusura automatica delle tapparelle, delle tende da sole, o di porte e finestre: li ritroviamo nel 43% delle abitazioni di nuova costruzione; ci sono poi altri elementi molto più complessi, come antifurti, videosorveglianza, distribuzione dell’energia elettrica, coordinamento degli elettrodomestici e via dicendo, che sono presenti nel 16% delle nuove costruzioni”.

Dall’indagine, infine, emerge una sostanziale differenza anche tra le regioni italiane. Il Trentino Alto Adige, infatti, rappresenta un’eccellenza, con il 78% dei nuovi immobili dotato di almeno un elemento di questo tipo. All’estremo opposto, non solo punto di vista geografico, si trova la Sicilia, dove tali funzionalità sono presenti solo nell’11% delle nuove costruzioni.

Benché il mercato appaia decisamente in crescita, soprattutto nelle nuove costruzioni, l’Italia è ancora lontana dalla penetrazione già raggiunta in altri Paesi, dove la disponibilità di una serie di automazione all’interno di un edificio rappresenta ormai uno standard. Anche se la variante Cei 64-8 contribuirà, nel prossimo futuro, a incrementare il mercato.

 

La svolta

Il vero punto di svolta, però, deve essere rappresentato soprattutto dagli installatori. Molti di loro, infatti, appaiono ancora poco propensi a investire seriamente in questo settore, proponendosi con autentica professionalità sul mercato, mentre rimangono ancora legati agli impianti tradizionali.

Proprio la differenza tra il principio di funzionamento di un impianto tradizionale e un sistema automatico rappresenta l’autentico confine fra le due impostazioni.

In un comune impianto elettrico, infatti, vi è un’integrazione, in un unico componente, tra chi comanda e chi esegue tale comando sul carico. Infatti, all’atto pratico, viene “semplicemente” realizzata un’interruzione o una deviazione di una linea di energia. Questo significa che la potenza viene portata ad ogni singolo utilizzatore, mentre i comandi hanno il compito di aprire o chiudere i circuiti di potenza stessi.

L’impostazione della domotica, invece, prevede un sistema in grado di mettere in comunicazione tra loro più dispositivi, anche appartenenti a impianti diversi, sfruttando, contemporaneamente, tecnologie sviluppate in ambito elettrico, elettronico e delle telecomunicazioni.

Illuminazione, chiusure, allarmi tecnici, gestione della temperatura e dell’energia, ma anche antifurto e tutti gli impianti domestici, quindi, si trovano a operare insieme, scambiandosi informazioni sui rispettivi stati. Affinché ciò sia possibile, tutti gli impianti, indipendentemente dalla loro funzionalità, vengono collegati da un unico cavo. È questa la tecnologia bus che prevede un punto di comando distinto, dal punto di vista funzionale, rispetto all’attuatore, al quale è collegato esclusivamente attraverso un cavo bus, con la possibilità di dialogare attraverso un protocollo comune. É l’attuatore, quindi, che consente l’apertura o la chiusura del carico elettrico. In questo modo i cavi incaricati di trasportare la potenza vengono collegati solo agli attuatori. La connessione ai punti di comando è invece realizzata attraverso un bus in bassa tensione, che collega tutti i dispositivi dell’impianto con gli attuatori stessi. All’atto pratico questo comporta che un attuatori, quando riceve uno specifico comando, riconosce esserne il destinatario e provvede a chiudere o aprire il rispettivo contatto. Allo stesso modo, sul cavo di comunicazione possono transitare i risultati delle misurazioni (temperatura, illuminazione, velocità del vento…), che consentono ad un sistema “intelligente” di assumere decisioni basate proprio su tali rilevazioni.

Il cavo incaricato di mettere in comunicazione tutti i comandi con i singoli attuatori è in grado di trasportare, oltre all’energia, a bassa tensione e quindi in condizioni di massima sicurezza, anche una serie di informazioni. Per questa ragione il cavo viene schermato, con l’obiettivo di evitare interferenze dall’esterno, ed è dotato di un doppio isolamento. Da un punto di vista costruttivo, inoltre, i due cavi utilizzati vengono ritorti fra loro, riducendo così ulteriormente il rischio di interferenze.

Da un punto di vista topologico, invece, tutti i punti dell’impianto vengono collegati in parallelo tra loro.

 

Meglio pensarci prima

La necessità di predisporre un cavo, in grado di collegare i singoli dispositivi, rappresenta uno dei principali limiti all’affermazione della domotica. Questo perché, anche a fronte di esigenze effettivamente percepite, l’utente non accetta di buon grado la necessità di effettuare le opere murarie indispensabili per la posa del cavo e, in molti casi, preferisce rinunciare ai vantaggi offerti dalla domotica piuttosto che affrontare un periodo di disagio. In molti casi, in realtà, queste problematiche sono state superate dall’impiego delle tecnologie wireless, anche se non possiamo dimenticare che quest’ultime impongono, comunque, una certa manutenzione, dovuta alla sostituzione periodica delle batterie ( non sempre facile e poco onerosa). Il tutto senza dimenticare che le comunicazioni radio consentono solamente uno scambio di informazioni o di comandi, mentre i cavi di potenza devono essere necessariamente predisposti preventivamente. Emblematico, a questo riguardo, il caso delle tapparelle elettriche, il cui motore può funzionare solo se collegato alla rete di potenza,

Anche per questa ragione la Cei 64-8 ha imposto alcune predisposizioni, che dovrebbero però essere realizzate indipendentemente da un simile obbligo. Come emerge dall’indagine di immobiliare.it, la predisposizione domotica permetterebbe ai costruttori di valorizzare i propri mobili, a fronte di costi decisamente irrisori. Allo stesso modo per gli installatori, che dovrebbero essere i primi a sollecitare una simile predisposizione, si creerebbero l’infrastruttura necessaria per poter proporre, anche in futuro, una serie di funzionalità al proprietario.

Operare in questo modo significa, in primo luogo, progettare una casa pensando al futuro, poiché l’immobile verrebbe reso più accessibile e più efficiente ma, soprattutto, verrebbe aumentato il livello di sicurezza, sia attivo sia passivo, con la possibilità di predisporre una serie di servizi, in locale o da remoto, particolarmente utili per le persone anziane o disabili. Una corretta predisposizione, inoltre, rappresenta un autentico investimento per il futuro perché, solo in questo modo, sarà possibile rispondere alle esigenze attualmente non percepite ma che, negli anni, potrebbero divenire essenziali. Anche in considerazione del fatto che gli interventi sugli edifici esistenti hanno, tipicamente, un costo decisamente più elevato rispetto alle opere realizzate in fase di costruzione.

 

Pronti per il futuro

A differenza di quanto, in molti casi, può essere fatto per gli impianti elettrici tradizionali, nel caso della predisposizione domotica è importante prestare una particolare attenzione alle caratteristiche dell’edificio, valutando anche le funzionalità che, nel futuro, potrebbero rivelarsi necessarie per gli inquilini. È inoltre necessario individuare correttamente i locali tecnici o, quantomeno, un adeguato spazio nel quale installare la componentistica necessaria. Componentistica che, tipicamente, viene posizionata alla base o alla sommità dell’edificio, in un punto in cui sia possibile garantire una corretta alimentazione elettrica, ma prestando soprattutto attenzione alla disponibilità di cavedi nei quali far transitare i cavi di collegamento.

Partendo dalla considerazione che la predisposizione rappresenta un investimento per la valorizzazione futura di un impianto, è necessario prevedere che, nelle zone in cui vengono installate le centraline, sia disponibile un margine di espansione pari almeno al 40% rispetto all’installato attuale. Allo stesso modo sarebbe buona prassi posizionare, per l’impianto domotica, tubi corrugati di colore diverso rispetto al resto dell’impianto e con dimensioni maggiorare, tipicamente si prediligono i 32 mm, per poter far transitare tutti i cavi necessari.

In particolare, durante questa fase, non devono essere trascurati i collegamenti verso porte o finestre, passaggi indispensabili per l’installazione dei sistemi di antifurto, ma anche per la rilevazione di apertura che inducano la disattivazione degli impianti di climatizzazione. La buona norma, infine, consiglia di prevedere un cablaggio strutturato con le classiche prese RJ45, in considerazione del fatto che, in futuro, sempre più apparecchiature saranno connesse direttamente a Internet.

 

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Carlo Hruby
amministratore delegato di Hesa




 

Con l’accordo di distribuzione con Mobotix, Hesa amplia la propria offerta sul mercato. E si proietta verso la domotica

 

Qual è il rapporto tra le soluzioni di sicurezza e la domotica?

La sicurezza è sempre più integrata all’interno degli impianti di un edificio e, quindi, non può essere considerata come una tecnologia indipendente dalle altre. È però fondamentale che l’integrazione tra i sistemi parta dalla sicurezza, che deve rimanere centrale proprio per l’importanza che riveste nella protezione dei beni e dell’incolumità delle persone. Ovviamente, chi da tanti anni opera in un settore, tende a guardare con un po’ di diffidenza le nuove tecnologie, ma oggi è necessario che gli installatori amplino sempre più le proprie competenze, allargando i confini della propria attività.

 

Con i prodotti di Mobotix, Hesa entra, con maggior forza, anche nell’ambito della videocitofonia. Pensate di proporvi direttamente anche nella domotica?

Il core business di Hesa è stato e rimane la sicurezza. Ma, come dicevo, l’integrazione è sempre più fondamentale. Ad esempio nella gamma Mobotix offriamo il videocitofono T24 che consiste in una telecamera, montata su un videocitofono e in grado di vedere con un apertura di 180°. Questo consente di avere una visualizzazione completa senza angoli morti e, quindi, di aumentare il livello di sicurezza. È questo un chiaro esempio di integrazione di sistemi apparentemente distinti. Per tale ragione, anche se rimarremo focalizzati nel nostro ruolo di specialisti della sicurezza continueremo a essere aperti all’integrazione e, quindi, allo scambio di informazioni con gli impianti domotici.

 

In questo scenario, quali prospettive concrete apre la variante della Cei 64/8?

Rappresenta un’opportunità, poiché viene sancito che domotica e antintrusione rappresentano un valore aggiunto per un’abitazione. Offre, quindi, un’occasione di crescita professionale. L’unico aspetto che, però, non è del tutto condivisibile condivisibile di assegnare alla sicurezza la stessa importanza che hanno gli altri impianti. La sicurezza proprio poiché coinvolge valori molto più importanti, dovrebbe sempre conservare una propria identità.

 

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Attilio Pozzini
Responsabile vendite Italia di Hager Controls

La domotica non deve essere fatta, necessariamente, da componenti costosi e complessi, ma inizia partendo da elementi fondamentali, come i sistemi di programmazione oraria. Comfort e risparmio energetico possono essere ottenuti anche con investimenti ridotti

 

Chi sceglie questi prodotti oggi?

I programmatori orari vengono scelti da quanti si rendono conto del fatto che una gestione intelligente dei propri consumi energetici può portare a sensibili risparmi economici e per l’ambiente. È quindi l’utente finale a richiedere una simile funzionalità, mentre lascia all’installatore la massima libertà sui componenti da utilizzare. Quest’ultima caratteristica gioca a nostro vantaggio, in quanto gli installatori sono meno attenti alla guerra del prezzo, mentre apprezzano la qualità dei prodotti che usano quotidianamente e l’ampia gamma offerta da una multinazionale come Hager.

 

A fronte di questa libertà, gli installatori preferiscono le soluzioni digitali o quelle analogiche?

Negli impianti destinati agli edifici sono sicuramente vincenti le apparecchiature digitali perché, attraverso un computer, possono essere programmate in modo estremamente semplice e rapido. Nel residenziale, invece, sono ancora apprezzate le soluzioni elettromeccaniche, poiché gli installatori le utilizzano da anni e, quindi, si sentono più sicuri. Anche se, in realtà, le difficoltà sono state ampiamente superate, così come l’affidabilità è paragonabile.

 

Come invertire una simile tendenza?

Gli stessi installatori stanno crescendo e si stanno avvicinando con minor diffidenza alle soluzioni digitali. Perché ne apprezzano i vantaggi in termini di tempo risparmiato e maggior facilità di controllo. Inoltre sviluppiamo soluzioni sempre più facili da implementare, anche per contrastare l’ingresso sul mercato di prodotti, provenienti dal Sud Est Asiatico, caratterizzati da prezzi particolarmente aggressivi ma, contemporaneamente, da una scarsa qualità e dall’impossibilità di utilizzare comodi strumenti software.

 

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Davide Colombo
Responsabile Marketing domotica e terziario di Bticino

La domotica non è più una prerogativa dei ricchi e, per tale ragione, da quattro anni Bticino ha promosso un’autentica democratizzazione della domotica stessa

 

Quali sono, oltre all’accesso per tutti, le nuove tendenze della domotica?

L’attenzione è focalizzata soprattutto sul risparmio energetico e, quindi, sulla possibilità di gestire la termoregolazione a zone, la visualizzazione dei consumi, il controllo dei carichi e l’accensione intelligente delle luci. Allo stesso tempo il mercato è sempre più attento all’integrazione fra sicurezza e videocontrollo, ovvero la possibilità di vedere cosa sta accadendo all’interno di un’abitazione nel momento in cui scatta l’allarme.

 

Queste nuove tendenze inducono una riduzione dei prezzi?

Da un punto di vista prettamente economico non c’è stata una riduzione dei prezzi ma, nel nostro caso, negli ultimi due anni il listino è rimasto immutato. Quindi, considerando che i prezzi di un impianto elettrico tradizionale crescono del 3-4% ogni anno, il divario tra un’installazione classica e una domotica di base si va sempre più assottigliando. Al punto che, per alcune funzionalità, come il controllo delle tapparelle e la termoregolazione, un impianto domotico può risultare addirittura meno costoso rispetto ad uno tradizionale.

 

Questa “riduzione” dei prezzi è stata percepita dal mercato?

Gli utenti finali sono ancora convinti che la domotica sia molto costosa. Noi produttori abbiamo il compito di far percepire come un miglior controllo dell’abitazione sia oggi possibile a costi accessibili. Allo stesso modo i costruttori, che hanno recepito soprattutto la necessità di predisporre sistemi antifurto e di condizionamento, dovrebbero essere più attenti alle opportunità della domotica. Un ruolo fondamentale, però, è rivestito dagli installatori che non devono più limitarsi ad un atteggiamento puramente passivo, ma divenire propositivi. Per spiegare come, con una piccola differenza di prezzo, sia possibile ridurre sensibilmente i consumi. Anche per questa ragione abbiamo arricchito i nostri corsi con brevi sessioni di formazione commerciale.

 

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Giovanni Gambin
Direttore Sviluppo Business di Vimar

Sino a pochi anni fa la domotica proponeva la possibilità di migliorare il comfort e creare piacevoli scenari all’interno di un’abitazione. Opportunità che, in realtà, non giustificavano la spesa per un utente medio. Un simile stereotipo è ormai superato, perché oggi la domotica è, prima di tutto, risparmio energetico

 

Una differenza sostanziale. Cosa ha indotto il nuovo approccio ?

L’aumento dei costi energetici, oltre ad un’accresciuta sensibilità ambientale e ad alcune normative, stanno inducendo le persone a prestare una crescente attenzione agli sprechi delle proprie abitazioni. Inoltre, grazie a studi indipendenti, è stato dimostrato che l’impiego di una soluzione domotica per il controllo della climatizzazione e dell’illuminazione può portare a risparmi nell’ordine del 19-25%. Si tratta di numeri tangibili, che consentono un ritorno dell’investimento valutabile in 2-3 anni.

 

La domotica, però, è ancora vissuta come una scelta voluttuaria e costosa?

Ormai il mercato ha compreso che queste soluzioni sono alla portata di tutti, sia perché i prezzi sono diminuiti in modo sensibile, sia perché le aziende stanno davvero proponendo soluzioni utili. Basti pensare, ad esempio, che la sola indicazione precisa dei consumi istantanei permette a una famiglia di ridurli del 10%. Il tutto a fronte di un investimento percentualmente limitato rispetto ai costi di un’abitazione.

 

A questi temi è sensibile anche la nostra classe politica?

Negli incontri che ho avuto al Ministero dello Sviluppo Economico ho trovato persone molto preparate e disponibili, attente a comprendere i possibili vantaggi offerti dall’utilizzo di questa tecnologia. In realtà, però, è sempre mancato l’ultimo passaggio parlamentare. Questo perché, a differenza di altre categorie, il settore elettrico ed elettronico italiano non dispone della forza necessaria per far sentire la propria voce in modo univoco. Una carenza che ci penalizza nei confronti di altre categorie, come quella dei costruttori edili e degli impiantisti termoidraulici.

 

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Fabio Pasa
Italia Area Manager di Bpt



 

Bisogna saper ascoltare le esigenze del cliente e proporre soluzioni davvero utili alle sue necessità quotidiane. Questo il cambiamento della domotica rispetto alla proposta di pochi anni fa

 

Cosa è cambiato nel tempo?

In passato piacevano molto gli scenari, ma era una domotica voluttuaria, pensata per abitazioni di prestigio e, quindi, destinata a numeri sostanzialmente limitati. Oggi, invece, vengono proposte funzionalità utili alla vita quotidiana e, quindi, l’installatore non deve più assumere un ruolo passivo, ma deve diventare propositivo, spiegando al proprio cliente quali sono i reali vantaggi di questi sistemi. Rispetto al passato, quando gli stessi installatori erano dapprima infastiditi e poi incuriositi da simili novità tecnologiche, oggi hanno capito che sono davvero un’opportunità.

 

Cosa interessa, davvero, agli utenti finali oggi?

Le persone vogliono avere il controllo dell’abitazione, soprattutto quando si trovano fuori casa. Per questa ragione Bpt, che ormai è arrivata alla terza generazione di prodotti domotici, ha investito molto sull’integrazione di tutti i sistemi, per consentire alle persone di dialogare davvero con la propria abitazione. Del resto i sistemi non si limitano più alla sola accensione delle apparecchiature, ma sono in grado di effettuare misure, come temperatura, velocità del vento e luce, per poi adeguare il comportamento dell’edificio, soprattutto nell’ottica di ottimizzare i consumi energetici.

 

Non sempre, però, è facile far accettare queste soluzioni agli utenti finali…

Per questa ragione proponiamo, in primo luogo, soluzioni scalabili, perché le reali opportunità si apprezzano solo utilizzando davvero la domotica. Inoltre abbiamo investito molto sulla facilità di controllo anche con i comuni smartphone. Un’attenzione particolare, infine, è stata riservata agli elettricisti che, grazie a strumenti di programmazione particolarmente semplici, possono configurare rapidamente un impianto, anche senza avere specifiche competenze informatiche.

 

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Daniele Micheletti
Product Manager prodotti domotici di Urmet



 

 

Domotica e comunicazione sono e saranno sempre più integrati. Più attenzione per gli anziani

 

Per quale ragione la domotica non può più prescindere dalla comunicazione?

La peculiarità di un impianto “domotico” è quella di combinare una pluralità di sistemi in grado di “comunicare” tra loro, per una gestione totale dell’edificio. I grandi player del mercato, soprattutto a livello internazionale, si rivolgono a Urmet per soluzioni sempre più integrate e comandate anche a distanza, grazie alla tecnologia over IP. Le richieste principali riguardano l’aumento del comfort e della sicurezza nelle abitazioni e un utilizzo più efficiente degli impianti di termoregolazione. La domotica viene sempre più percepita come indispensabile per migliorare la qualità della vita degli utenti facilitando, dove necessario, anche anziani e disabili.

 

Queste funzionalità, però, sembrano essere indirizzate soprattutto alla fascia più “ricca” della popolazione…

In effetti, attualmente, la richiesta di soluzioni più avanzate, accessibili anche dall’esterno, proviene soprattutto dalla fascia alta di mercato, caratterizzata da un’utenza evoluta, alto-spendente. Si sta però osservando una trasformazione. Nel prossimo futuro, ci aspettiamo un elevato incremento della domanda proveniente anche dal segmento medio-basso di mercato, che vedrà nella domotica un investimento interessante e con un payback period di pochi anni. Anche per questa ragione stiamo investendo sul wireless e nello sviluppo di soluzioni scalabili.

 

Anche la figura dell’installatore, quindi, è destinata a cambiare?

La figura dell’installatore si è evoluta di pari passo con lo sviluppo del mercato. Gli utenti finali, maggiormente consapevoli degli elevati benefici derivanti dall’integrazione dei diversi impianti, si dimostrano sempre più interessati alla domotica. Per rispondere efficacemente alla crescente domanda, gli installatori si stanno specializzando, diventando veri e propri consulenti di soluzioni integrate. Anche perché assistiamo a un progressivo invecchiamento della popolazione ed è proprio nella domotica che la terza età può trovare un utile supporto per la quotidianità.

 

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Alessandro Candriello
Marketing Manager di Eta Beta



Il mercato fa spesso confusione tra efficienza e risparmio. Due concetti che devono invece essere considerati in modo differente

 

Qual è la differenza?

Il risparmio è legato alla capacità di attivare determinate funzionalità nelle fasce orarie a minor costo o alla possibilità di coordinare l’apertura delle finestre e l’attivazione della climatizzazione. L’efficienza energetica, invece, è un concetto più sottile, che dipende dalla capacità del sistema di prevenire qualunque forma di spreco. Emblematici, in questo ambito, i consumi dei singoli dispositivi che, quando in stand-by, nella migliore delle ipotesi assorbono 30 mA. Un quantitativo apparentemente irrilevante, ma che può divenire significativo se moltiplicato per le decine di dispositivi installati e attivi tutto l’anno. Per questa ragione abbiamo sviluppato soluzioni in grado di porsi in modalità “sleep”, riducendo i consumi sempre sotto i 9,5 mA, con la possibilità di scendere anche a 4,5 mA.

 

Una differenza che diventa significativa nel tempo. Come è nata una simile idea?

Pur essendo un’azienda giovane, abbiamo creato un team di persone provenienti da numerosi settori, che hanno messo a fattor comune le proprie esperienze specifiche. In tal modo progettiamo, sviluppiamo e realizziamo tutto internamente e, soprattutto, in Italia. L’impiego di linee produttive automatizzate, inoltre, ha ridotto l’impatto della manodopera, consentendoci di essere sul mercato a prezzi inferiori del 20% rispetto ai concorrenti e con soluzioni altamente affidabili.

 

Quali altre innovazioni introduce una nuova azienda per affermarsi sul mercato?

Attenti ai problemi installativi, abbiamo dimezzato il tempo necessario per realizzare un impianto tipo e, soprattutto, alla possibilità di disporre funzionalità necessarie ad un prezzo accessibile. Inoltre, forti dell’esperienza maturata in ambiti industriali civili e militari, abbiamo introdotto anche una serie di innovazioni, come il bus ridondato. In questo modo, in caso di black-out, è possibile alimentare le funzionalità essenziali, quali luci e alcune aperture, attraverso un piccolo Ups.

 

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Floriano Massardi
Product Manager Serie civili di Ave



 

Estetica e design sono fondamentali per far apprezzare la domotica agli utenti finali. Nel segno dell’uniformità estetica dei punti di comando all’interno di un’abitazione

 

Quindi, per l’utente finale, quello che c’è “dietro l’interruttore” ha poco valore?

Per l’utilizzatore sono essenziali le funzionalità, ma ormai queste sono analoghe per tutti i produttori. Quindi l’attenzione si è progressivamente focalizzata sull’estetica e sulla facilità di utilizzo. Anche per questa ragione la nostra serie di comandi a scomparsa “Ave Touch” è la risposta giusta in quanto risponde alle esigenze d’estetica e semplicità d’utilizzo. Questa serie è perfettamente integrabile con il sistema demotico di Ave. Il tutto arricchito anche da una versione di placche firmate Giugiaro Architettura, che dà prestigio all’intera linea e che la porta ad essere un elemento fondamentale ed esclusivo dell’arredo domestico.

 

Gli installatori, invece, a cosa sono attenti?

Gli installatori sono gli unici che “vedono” la tecnologia e che, ovviamente, devono dominarla. Proprio la necessità di dominare una tecnologia “nuova”, che richiede una competenza specifica, ha creato una certa apprensione. Per tale ragione alcun installatori hanno preferito rimanere legati agli impianti tradizionali. Quest’ultimi, però, garantiscono una minore marginalità e, nel tempo, i clienti chiederanno sempre più impianti domotici. Chi non si adegua, quindi, rischia di rimanere fuori dal mercato.

 

Quali consigli darebbe, quindi, a chi vuole investire per crescere in questo settore?

È fondamentale possedere una buona formazione di base. I nuovi sistemi proposti sul mercato non sono particolarmente complessi e, per poterli installare, è tipicamente sufficiente un breve corso di uno o due giorni. Poi, ovviamente, l’esperienza deve essere maturata sul campo. È inoltre importante proporre soluzioni affidabili poiché, in caso di problemi, l’installatore rimane comunque il referente del proprio cliente. Anche per questa ragione Ave si propone oggi con prodotti garantiti cinque anni.

 

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Alexandre Durand
Responsabile Marketing e formazione tecnica di Delta Dore Italia



 

 

Il vero problema della domotica, in Italia, è la domotica stessa. Detto da chi può guardare il nostro mercato da un diverso punto d’osservazione. L’Italia è in ritardo

 

Per quale ragione il nostro mercato è in ritardo rispetto alla Francia?

In Francia la domotica si è diffusa da tempo e abbiamo superato la convinzione secondo cui sarebbe un’applicazione costosa e voluttuaria. Inoltre, avendo elevati volumi, possiamo produrre tutti i componenti nella nostra fabbrica in Bretagna, con processi di alta qualità, ma a prezzi accessibili. Tutte caratteristiche che hanno reso la domotica alla portata di tutti.

 

Anche la scelta delle comunicazioni wireless rientra in questo concetto?

Il wireless può essere installato, in tempi rapidi e senza la necessità di opere murarie, in qualunque ambiente domestico, adattando la casa alle reali esigenze delle persone e con costi accessibili a tutti. Proprio la facilità d’uso e di installazione, oltre all’attenzione al servizio e alla consulenza per gli installatori, rappresentano il nostro punto di forza, che ci ha permesso di crescere nei quarant’anni di storia.

 

Il wireless, pur essendo semplice da installare, ha però problemi di manutenzione per la necessità di sostituire le batterie…

In effetti, dopo circa tre anni, le batterie devono essere sostituite. In passato alcuni costruttori hanno proposto soluzioni caratterizzate da sistemi di alimentazione proprietari, complessi da sostituire e particolarmente costosi. Una situazione che induce molti a valutare negativamente le tecnologie wireless, Al contrario noi abbiamo preferito utilizzare batterie commerciali e facile sostituire. In questo modo, in un’abitazione, l’operazione può essere fatta tranquillamente dal proprietario. Nei complessi condominiali, invece, offre un’interessante opportunità per gli installatori, che possono prendere in carico anche la manutenzione periodica. La nostra gamma, da quest’anno, comprende inoltre trasmettitori alimentati con tensione a 220 V e quindi privi di manutenzione.

 

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Marco Simonella
Product Manager di Abb



 

La tecnologia bus si sta diffondendo per rispondere in modo sempre più efficace, efficiente e flessibile alle esigenze di comfort, sicurezza e risparmio energetico degli edifici moderni. La domotica va in bus

 

Cosa comporta, per un installatore, l’impiego della tecnologia bus?

L’uso di un bus di comunicazione tra i dispositivi garantisce una grande libertà nel dotare l’impianto di funzioni, coniugando qualità e flessibilità, oltre a semplificare il monitoraggio e la manutenzione dell’edificio. Comporta però la necessità di pianificare diversamente l’impianto domotico rispetto a uno tradizionale, perché il cablaggio richiede la posa del cavo bus, a cui possono essere collegati i diversi dispositivi, che sfruttano connessioni logiche tra loro. Come Abb abbiamo recentemente introdotto il nuovo sistema per Home & Building Automation Mylos, composto di dispositivi bus da incasso a standard italiano, che consente di realizzare un impianto completo in modo semplice e intuitivo.

 

Quali sono, invece, i vantaggi di uno standard internazionale e “aperto” come Konnex?

I sistemi bus certificati KNX, il più diffuso a livello mondiale, sono basati su uno standard aperto e hanno la possibilità di dialogare con qualunque dispositivo conforme: la sua modularità e la sua piena compatibilità offrono in qualunque momento la possibilità di espandere l’impianto elettrico per rendere un edificio sempre più “ecologicamente” sostenibile, confortevole e al passo con i progressi tecnologici. La configurazione dei sistemi e dei dispositivi si effettua tramite l’apposito software ETS.

 

Come può orientarsi un installatore nel complesso panorama delle normative da rispettare?

Le normative si evolvono continuamente e non sempre gli ambiti applicativi delle norme stesse vengono delineati in maniera netta. Per questo è essenziale sia il contributo degli enti istituzionali, nel comunicare correttamente, sia il contributo dei produttori, che svolgono spesso un ruolo di consulente tecnico e formativo. Come Abb investiamo proprio nella formazione, non solo sui nostri prodotti e sistemi, ma anche sulle normative.

 

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Carlo Mannella
Senior Product Manager di Ge Energy Industrial Solutions



 

Lo sviluppo del settore ha portato molti operatori a improvvisarsi in pacchetti domotici limitati, sia nelle funzioni che nella compatibilità con centralini domestici e serie civili. Le limitate competenze portino a prodotti poco efficaci. Senza batterie

 

Quali vantaggi offre, di contro, utilizzare prodotti proposti da un grande gruppo multinazionale?

La dimensione multinazionale “obbliga” a progettare e sviluppare sistemi flessibili, in grado di adattarsi alle esigenze installative di numerosi Paesi e basati su tecnologie di ampia diffusione e affidabilità. Inoltre il notevole numero di impianti messi in campo garantisce una maggiore disponibilità di prodotti e pezzi di ricambio, anche grazie a tecnologie che nascono per durare a lungo. Gli operatori del settore dovrebbero quindi puntare su aziende conosciute ed affidabili nel campo dell’automazione della casa e dell’edificio.

 

Anche per questo il mercato italiano della domotica cresce meno delle attese?

Un possibile freno potrebbe essere legato al fatto che la domotica è spesso proposta, installata e supportata dagli operatori del settore impiantistico tradizionale, non sempre in grado di proporre ed illustrare i benefici in termini di sicurezza, flessibilità, comfort e risparmio energetico. A ben vedere, a fronte della debolezza congiunturale, il fatturato degli impianti domotici ha continuato a crescere, soprattutto nelle applicazione di fascia medio-alta. Del resto le funzioni domotiche più popolari restano quelle di comfort e di risparmio energetico, due aspetti ai quali non si può rinunciare.

 

Quali saranno le evoluzioni del prossimo futuro?

GE, nella seconda metà dell’anno, lancerà la famiglia HabiTEQ di prodotti wireless con tecnologia EnOcean. Il wireless permetterà di dar vita a installazioni più economiche e semplici, oltre a portare benefici di tipo pratico ed estetico. Tutti i dispositivi wireless HabiTEQ sono a manutenzione zero e senza batterie. EnOcean, infatti, consente di raccogliere l’energia necessaria al funzionamento dalla luce o dal calore dell’ambiente circostante piuttosto che dalla pressione meccanica fatta sull’interruttore.

 

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Silvano Ronca
Responsabile formazione, sicurezza e domotica di Came



 

 

La formazione nel settore della domotica è sicuramente uno degli elementi strategici per la diffusione del prodotto. L’affermazione della domotica non può prescindere dalla professionalità

 

Per quale ragione, in questo settore, la formazione è tanto importante?

Perché permette di approcciare l’impianto in modo corretto, ovvero di preparare un preventivo e uno studio di fattibilità sulle reali esigenze del cliente e successivamente di consegnare un sistema affidabile, dal funzionamento stabile. Una vendita corretta, che crea soddisfazione e non pone problemi al cliente, è frutto delle modalità con cui l’azienda eroga formazione.

 

Di contro, su cosa vogliono essere formati gli installatori?

La cultura tecnica e impiantistica dell’installatore elettrico è cresciuta notevolmente negli ultimi anni. Questo è dovuto sia ad un ricambio generazionale, sia alla rete che permette di avere informazioni in tempo reale, che alla formazione fornita dalle aziende del settore. Il livello di approfondimento tecnico è quindi sempre maggiore. L’installatore che partecipa ai corsi Came richiede di poter visionare non solo le soluzioni impiantistiche, ma di paragonarle alla concorrenza. Richiede inoltre di poter utilizzare il prodotto, installare e programmare un impianto tipo passando tra le varie fasi di esecuzione del lavoro.

 

Come risponde un’azienda leader a questa esigenze?

Came evita le classiche presentazioni di catalogo spacciate per corsi. Abbiamo classificato i corsi su due livelli: base e avanzato. Nel primo vengono illustrate, con attività pratiche, le modalità di approccio a un impianto domotico, le soluzioni e le norme impiantistiche. Il partecipante è così in grado di gestire autonomamente un sopralluogo in cantiere, di guidare il cliente, di stendere un preventivo, di dimensionare l’impianto e di installare correttamente tutti i prodotti. Nel corso di livello avanzato si affronta la parte di programmazione, simulando a banco un impianto tipo. La giornata si conclude con una sessione all’interno di una casa domotica dove il partecipante può testare le apparecchiature che ha programmato in aula. Con queste formula nel 2011 abbiamo tenuto più di 50 corsi, per un totale di oltre mille partecipanti.

 

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Stefano Padrin
Amministratore di Illumina Engineering



 

La svolta del Web è legata al fatto che anche le macchine possono dialogare tra loro. Un principio che abbiamo portato anche all’interno delle abitazioni, proponendo il concetto di IQ Building. Domotica 2.0

 

La domotica dovrebbe consentire, in primo luogo, l’integrazione di apparecchi completamente diversi tra loro. Ma quanto è effettivamente possibile?

L’integrazione per gli attuali impianti domotici è un vero e proprio tallone d’Achille. Abbiamo studiato il problema trasformandolo in un punto di forza: un sistema capace di percepire il cambiamento della luce e automaticamente comandare l’apertura delle tapparelle, ad esempio.
L’integrazione di tutti i dispositivi e l’intelligenza nella comunicazione porta l’edificio a un livello di comfort senza precedenti. Integrazione che, grazie al nostro software, è possibile anche tra apparecchiature non ingegnerizzate per dialogare tra loro.


 

In alcuni casi, però, la domotica è stata frenata dalla complessità dell’installazione e della configurazione. Come superare questo limite?

Rendendo l’interfaccia del software semplice e diretta. Di solito l’utente non può personalizzare le funzioni impostate. Il nostro impianto, invece, dà la possibilità al consumatore stesso di configurare il sistema. Come nel Web 2.0, abbiamo sviluppato un’interfaccia basata su icone intuitive. Ciò significa che l’utente ha la possibilità di gestire l’abitazione, anche con un comune smartphone. L’installatore, invece, dopo un giorno di corso, può completare installazione e configurazione.

 

Malgrado questo, come spiegare ai clienti che la spesa in un impianto domotico rappresenta un investimento?

Oggi un’installazione domotica costa troppo rispetto al suo reale valore. Un impianto non dovrebbe superare il 3-4% del costo di un immobile. Un apparato intelligente come il nostro riduce del 20% i consumi elettrici e del 15% quelli per la climatizzazione. Ciò significa che con un prezzo di partenza corretto come quello che applichiamo, l’investimento sarebbe ripagato in 5 anni.
Una soluzione IQBuilding non deve essere un lusso, ma tecnologia alla portata di tutti.

 

approfondimento a cura di Massimiliano Cassinelli

 

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NORMATIVE

Le normative in vigore riconoscono l’importanza dell’automazione degli edifici per ottenere una riduzione dei consumi energetici

 

Il settore residenziale e quello terziario sono tra i principali responsabili della produzione di gas serra, essendo i maggiori consumatori di energia. Basta pensare che, come risulta da uno studio condotto da Enea nel 2008, il 35% dell’energia assorbita in Italia è destinata all’uso civile. In particolare il 70% di quest’ultima viene utilizzata proprio in ambito residenziale. Diventa quindi fondamentale attivare programmi in grado di ridurre tali consumi. Per ottenere un simile risultato si sta attualmente operando lungo quattro direttrici differenti che prevedono, oltre all’utilizzo di soluzioni caratterizzate da una miglior efficienza e quindi da minori dispersioni inutili, di modificare i comportamenti degli utenti finali. In particolare, in quest’ultima direzione, operano i sistemi di monitoraggio e controllo continuo dello stato di un impianto, che forniscono informazioni sui consumi reali, aumentando così la sensibilità specifica degli utilizzatori. Simili sistemi, inoltre, consentono di pianificare politiche di utilizzo più intelligente dell’energia disponibile. La spinta maggiore, però, può arrivare proprio dai sistemi in grado di far dialogare tra loro le singole apparecchiature disponibili interno di un edificio, utilizzandole in modo opportuno e prevenendo qualunque forma di inutile spreco. Ad esempio accendendo luci e impianti di refrigerazione solo quando una persona si trova effettivamente all’interno di una stanza o quando è previsto il suo arrivo.

Per questo le direttrici rispondono, in modo concreto, agli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto e fatti propri dall’Unione europea e dai singoli Paesi. In particolare, nel Vecchio Continente, sono state emanate una serie di direttive in materia di efficienza energetica e, tra le più importanti, vale la pena di citare:

- End-use Efficiency&Energy Services – Direttiva 2006/32/CE

- Energy Efficiency in Buildings – Direttiva 2001/91/CE

- Eco-design of Energy-Using Products – Direttiva 2005/32/CE

- Energy labelling of Domestic Aplliances – Direttiva 2003/66/CE

- Energy-Stra Programme

 

Tutto per il risparmio

In particolare la Direttiva europea 2002/91/CE “Energy Performance of Buildings” (EPBD) è nata con l’obiettivo di “promuovere il miglioramento del rendimento energetico degli edifici nella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni per quanto riguarda il clima degli ambienti interni e l’efficacia dei costi”. Per tale ragione, così come è stata recepita da tutti gli Stati membri, stabilisce un quadro di riferimento minimo e tutti gli Stati devono regolamentare le prestazioni energetiche da raggiungere. Prende infatti in considerazione il sistema edificio/impianto considerando, oltre agli elementi passivi, anche quelli più propriamente attivi e di controllo. Anche per questa ragione prevede che, nei nuovi edifici, siano istallati contatori intelligenti e che i sistemi di illuminazione, come stabilito dalla ( UNI EN 15193:2008) siano stati studiati per prevenire inutili sprechi.

Ancor più specifica e la Direttiva europea 2006/32/CE “End-use Efficiency&Energy Services”, sviluppata per “fornire gli obiettivi di risparmio energetico, i meccanismi gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico necessari ad eliminare le barriere e le imperfezioni presenti sul mercato, che ostacolano un uso efficiente dell’energia. Vuole altresì creare le condizioni per lo sviluppo e la promozione di un mercato dei servizi energetici e la fornitura di altre misure di miglioramento dell’efficienza energetica”. Sulla scorta di tali indicazioni, gli Stati membri devono conseguire un risparmio energetico pari al 9% del consumo medio annuo nazionale, calcolato sui cinque anni precedenti l’attuazione della direttiva.

 

Efficienza di classe

Simili indicazioni sono state recepite nel nostro Paese con il Decreto Legislativo 192 del 19 agosto 2005 (attuazione della Direttiva europea 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia), successivamente modificato dal “Decreto Legislativo 311 del 29 dicembre 2006 “Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192”.

La Direttiva EPBD, inoltre, ha portato all’emanazione di diversi standard EN volti ad aiutare gli stati membri nella costruzione di una propria regolamentazione. In particolare la EN15232 “Energy Performance of Buildings – Impact of Building Automation Controls and Building Management” permette di valutare, già in fase di progettazione e verifica energetica degli edifici, il risparmio introdotto dall’applicazione di diversi gradi di automazione agli impianti tecnologici.

La norma, infatti, valuta i miglioramenti resi possibili dai sistemi BACS/HBES (Building Automation and Control System / Home and Building Electronic System). Proprio i sistemi HBES, pur essendo simile ai BACS, prendere in considerazione anche funzioni riguardano l’automazione, la sicurezza e il comfort, oltre al risparmio energetico vero e proprio.

La determinazione quantitativa dell’efficienza e del risparmio energetico introdotta dall’applicazione dei sistemi BACS/HBES su differenti tipologie di edifici nuovi o esistenti è stata affrontata in sede Normativa, con un’attività da cui è scaturita la norma EN 15232. Quest’ultima definisce quattro diverse classi di efficienza energetica, per la classificazione dei sistemi di automazione di edificio, valide sia per le applicazioni di tipo residenziale sia per quelle di tipo non-residenziale. Tale classificazione varia dalla classe D alla A, con un crescente livello di efficienza.

Nello specifico la classe D – “ non energeticamente efficiente2, comprende gli impianti tecnici tradizionali e privi di forme di automazione.

La classe C – “standard”, viene assegnata a impianti automatizzati con apparecchi di controllo tradizionali o sistemi bus (BACS/HBES).

La classe B – “avanzata”, viene attribuita a impianti controllati con sistemi di automazione bus (HBES/BACS) dotati anche di una gestione centralizzata e coordinata delle funzioni e dei singoli impianti (TBM).

Alto dell’efficienza si posiziona, ovviamente, la classe A – High Performances, riconosciuta agli impianti che, come la Classe B, sono controllati da sistemi di automazione, dotati però di livelli di precisione e completezza del controllo automatico tali da garantire elevate prestazioni energetiche all’impianto stesso.

 

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NORME TECNICHE: VARIANTE 3 DELLA NORMA CEI 64-8

 

L’Allegato A, che costituisce la parte principale della variante 3, si applica agli impianti elettrici di unità immobiliari ad uso residenziale situate all’interno dei condomini o di unità abitative mono o plurifamiliari, mentre non si applicano agli impianti nelle unità abitative negli edifici pregevoli per arte e storia.

Le nuove prescrizioni normative sono destinate ad individuare dotazioni criteri e minimi. Sono previsti 3 livelli prestazionali e di fruibilità:

Livello 1:          minimo

Livello 2:           per unità immobiliari con una maggiore fruibilità degli impianti

Livello 3:           per unità immobiliari con dotazioni impiantistiche ampie ed innovative

 

Il raggiungimento del livello 3, oltre alle dotazioni indicate in tabella 3, prevede l’automazione dell’impianto (domotica) ovvero l’insieme dei dispositivi e delle loro connessioni che realizzano una determinata funzione utilizzando uno o più supporti di comunicazione comune a tutti i dispositivi ed attuando la comunicazione dei dati tra gli stessi secondo un protocollo di comunicazione prestabilito.

Il livello 3 prevede la gestione come minimo di 4 delle seguenti funzioni:

  1. anti intrusione,

  2. controllo carichi,

  3. gestione comando luci,

  4. gestione temperatura (se non è prevista una gestione separata),

  5. gestione scenari (tapparelle, ecc.),

  6. controllo remoto,

  7. sistema diffusione sonora,

  8. rilevazione incendio (UNI 9795), se non è prevista gestione separata,

  9. sistema antiallagamento e/o rilevazione gas.


Occorre precisare che con punto presa la norma intende un gruppo di alimentazione di una o più prese all’interno della stessa scatola. I punti presa devono essere distribuiti in modo adeguato nel locale, ai fini della loro utilizzazione e che il numero tra parentesi indica la parte del totale di punti prese da installare in corrispondenza del piano di lavoro.

Per l’illuminazione di sicurezza richiesta, destinata semplicemente a garantire la mobilità delle persone in caso di mancanza dell’illuminazione ordinaria, sono accettabili i dispositivi estraibili (anche se non conformi alla Norma CEI 34-22) ma non quelli alimentati tramite presa a spina.

 

Guida alla progettazione, installazione e collaudo degli impianti HBES

La Guida CEI 205-14 definisce:

- le regole per una corretta procedura di progettazione, installazione, collaudo degli impianti HBES;

- il flusso delle informazioni che i soggetti coinvolti a vario titolo devono scambiarsi;

- i documenti che devono essere prodotti in ogni fase;

- una simbologia standard (e quindi un linguaggio comune) per descrivere i vari componenti degli impianti HBES.

Gli impianti HBES sono sistemi bus conformi alla serie di Norme EN 50090. La Guida scandisce le proprie raccomandazioni in funzione delle varie fasi di realizzazione di un impianto bus:

  1. predisposizione dell’infrastruttura nell’edificio (oggetto delle guide CEI 64-100/1,2);

  2. progettazione dell’impianto;

  3. installazione dell’impianto;

  4. verifica e collaudo tecnico dello stesso.


La Guida individua due fasi di progettazione: una fase di progettazione preliminare ed una fase definitiva/esecutiva. Per quanto riguarda l’installazione, la Guida richiede che la documentazione specifichi il funzionamento del sistema nel suo complesso ed in ogni sua parte, allo scopo di presentare in modo chiaro e schematico i requisiti funzionali e di sicurezza dell’impianto bus. Prevede, inoltre, che debba essere redatto anche un rapporto finale dell’attività di installazione (resoconto dell’installazione) che fornisca evidenza, tra l’altro, del risultato della verifiche eseguite secondo la specifica di collaudo.

Lo scopo dell’ispezione e collaudo di un impianto bus, secondo la Guida, è quello di verificare:

- la sicurezza elettrica;

- la sicurezza funzionale;

- il rispetto delle prestazioni richieste dal cliente e definite in fase di progettazione;

- l’osservanza di norme di buona tecnica e leggi.

La Guida precisa inoltre che solo persone competenti possono eseguire il collaudo di un impianto bus e prescrive che al termine di queste operazioni sia fornita all’utente finale o al proprietario dell’immobile la documentazione aggiornata dopo il collaudo dell’impianto manuale di uso e manutenzione.

 

a cura di Silvia Berri